Little Tulip: quando Educazione siberiana incontra L’ispettore Callaghan

tulip1«Sono una bestia famelica, un lupo mannaro. Ho la ferocia nel sangue. Sono un sogno che cammina, un sogno selvaggio, un invisibile… La mia vita è cominciata e finita nel 1947, in una strada oscura di Mosca».

Little Tulip di Jerome CharynFrançois Boucq (Panini 9L, 88 pp., cartonato, a colori, euro 16,90 ) è una graphic novel che spacca. Ecco, potrei finire qui la recensione perché quando chiudi l’ultima pagina, con le interiora contorte e il fiato corto come dopo una lunga corsa, ti rimane in testa la sensazione che si prova quando ti sei imbattuto in un capolavoro.

Ok, torno in me, lascio sedimentare le sensazioni e vi racconto qualcosa di più. La vicenda si svolge tra la New York violenta dei primi anni 70, dove un feroce serial killer soprannominato Bad Santa semina terrore e morte, stuprando e poi sgozzando giovani donne che sorprende nei vicoli, e i gulag siberiani, centri di rieducazione e di morte, dove venivano spediti tanto i criminali quanto i nemici politici del regime: sì, perché durante la cosiddetta “grande guerra patriottica di Russia” bastava un sospetto di essere nemici del popolo, per finire nei guai.

Il protagonista è Paul, detto Van Gogh, un tatuatore che mette il suo grandissimo talento nel disegno a disposizione della polizia, creando identikit talmente veritieri che ai criminali ritratti manca soltanto la parola. Il disegno è il suo terzo occhio, attraverso il disegno Paul vede chi ha compiuto i crimini e riporta i loro volti su carta.

tulip2Ma non riesce a farlo con Bad Santa, il killer che più vorrebbe incastrare, perché agisce nel suo quartiere, dove vive la donna che Paul ama e la figlia di lei: Azumi. Attraverso le domande della ragazzina che Paul rivive il suo passato, dal giorno in cui è morto dentro e il suo inferno privato ha preso vita: l’arrivo al gulag, quando aveva solo sei anni ed è stato strappato ai genitori. L’orfanotrofio, la lotta quotidiana per sopravvivere. Allora si chiamava Pavel…

E sono proprio gli occhi di Pavel a condurci tra gli orrori del gulag, dove i criminali sono divisi in gruppi, ognuno capeggiato da un Pakhan, un capo criminale che a tutti gli effetti gestiva la vita e la morte degli altri detenuti.

Un mondo in cui a raccontare la vita di un uomo sono i suoi tatuaggi. Un’arte sacra, quella del tatuaggio, un rito di passaggio per cui il primo rappresenta il primo omicidio, e il tatuatore è una sorta di sciamano che dipinge la vita sul corpo.

Little Tulip è una storia che non fa sconti. Ci mostra cosa significa sopravvivere nel territorio della Kolyma, sede dei terribili lager staliniani. Cosa significa diventare uomo, e convivere con la violenza. Rimanere tulipano a dispetto di tutto.E poi c’è la magia del disegno, che diventa l’arte del tatuaggio, spiegata in modo superbo attraverso la voce di Andrei, il maestro tatuatore di Pavel. «L’arte del disegno si fonda sul tentativo di dare forma all’invisibile…
Tu pensa solo a disegnare ciò che vedi e che senti. Affrancati da quello che sai, se vuoi risvegliare il senso nascosto che permette di definire l’invisibile. Quando disegni, libera lo spirito dagli ostacoli del sapere».

E, parlando di disegno, non posso non spendere qualche parola sulle splendide illustrazioni di François Boucq. Mentre le guardi, ti scavano dentro. Realistiche e insieme grottesche, perfette per mostrare la disperazione, l’orrore, ma anche la speranza che si nasconde tra le righe di questo romanzo a fumetti.

Credo che, per concludere, siano perfette le parole dello scrittore Varlam Šalamov che, nei Racconti di Kolyma, scrive: «Chiama, chiama la sorda tenebra, e la tenebra verrà».

Un pensiero su “Little Tulip: quando Educazione siberiana incontra L’ispettore Callaghan

  1. Sempre degli stessi autori valgono la pena di essere letti due volumi usciti anni fa, Bocca del Diavolo, autentico capolavoro, e lo straordinario La moglie del Mago. Inoltre per chi ama lo stile di Boucq consiglio di non farsi sfuggire quel gioiello western di Bouncer.

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