Fumetti di evasione: trent’anni senza Andrea Pazienza

E quest’anno sono trent’anni. Trent’anni da quella notte del 15 giugno 1988 in cui il cuore di Andrea Pazienza ha smesso di battere, stroncato da un’overdose di eroina. Trent’anni in cui la sua presenza è stata immanente sul mondo dell’arte italiana, aleggiando come scomodo e indecifrabile modello con cui il confronto è virtualmente impossibile. Trent’anni in cui non abbiamo mai smesso di parlare di lui, soprattutto adesso, in questo anniversario, in cui la ricorrenza di questa parola – Pazienza – associata al fumetto italiano, echeggia attraverso una moltitudine di voci.

Perché, credo, con la morte di Andrea non abbiamo ancora fatto i conti. Come di fronte a una tragedia più grande della nostra capacità di comprenderla. Come di fronte a un evento ingiusto eppure inevitabile per cui nutriamo un sentimento di rifiuto. Ci vorranno anni, credo, prima che si cominci a pensare davvero a cosa è il fumetto italiano senza lo sguardo del Paz. E c’è un libro, tra tutti, che spicca per rigore e sensibilità, senza cedere alla tentazione della nostalgia, tracciando i punti cardinali dell’opera di Andrea, sviscerando le tematiche, le ricorrenze, la complessità dietro un linguaggio apparentemente semplice, diretto, le ossessioni che fanno dei suoi fumetti un unicum nel panorama mondiale. È il libro scritto da Oscar Glioti, Fumetti di evasione – Vita artistica di Andrea Pazienza (Fandango, 300 pp, 15 euro).

Pentothal. Zanardi. Pompeo. Dal piombo degli anni Settanta alla frenesia edonistica degli Ottanta, dalla riflessione sulle contestazioni studentesche all’immersione di un nichilismo così sfrontato da disorientare il lettore impreparato, fino alla cronaca di una quotidianità vissuta con un braccio stretto intorno alla schiena della morte. Il ritratto dei personaggi creati da Andrea riflette le nevrosi di una generazione perduta, spaesata, sacrificata sull’altare di un progresso sociale che assomiglia a uno strappo sul diritto all’individualità. Al pensiero. Al dissenso.

È un libro che vorresti che non finisse mai, scritto con raffinato puntiglio e malcelato, infinito amore per un autore che non smetterà mai di far sentire la sua mancanza. Che siate amanti del fumetto, della letteratura, dell’arte, leggetelo. Leggetelo se non ve ne importa niente di Andrea Pazienza o se per voi Pazienza era tutto. «Ora che non c’è più, ci sono giorni in cui la realtà della sua esistenza mi assale con un’immensa, schiacciante forza; e tuttavia sul mio onore ci sono momenti, anche, in cui mi passa davanti agli occhi come uno spirito incorporeo smarrito fra le passioni di questa terra, pronto ad arrendersi lealmente alle richieste del proprio mondo di ombre».

31 pensieri su “Fumetti di evasione: trent’anni senza Andrea Pazienza

  1. Paz era un ” natural ” come quei giocatori di baseball che lanciano la pallina esattamente dove decidono debba andare o come il Gary Cooper ed il John Wayne dei western d’antan che estraggono e sparano senza mirare con gesto fluido. Non cerebrale e visionario come Tamburo Tamburini. Non tennico ed accademico come Liberatore. Non post moderno come Mattioli. Non Robespierre moderno come Scozzari.
    In un modo o nell’altro ci ha dato Enoch e Gipi e tanti altri. Io ho letto persino una storia di Cattivik con Zanna e la sua posse. Amava Carl Barks, Moebius e Magnus. Davvero un peccato non sia nato uno zinzino dopo di modo da non incappare nel catalizzatore della Generazione Perduta nei Sogni poi Incubi ( che si è portato via anche Tamburo ) perché sarebbe stato interessante vedere il Massimo Troisi Perticone sorridente ed in salute dire la sua su questi tempi di crisi. Sarebbe stato comuque una rockstar.

  2. Guido Martina era molto più grande. Faceva satira arguta e sarcastica su Topolino, ripeto Topolino non su riviste per adulti. Molte sue storie sono ancora attualissime dopo 30 anni(zio paperone e l’elogio alla miseria, zio paperone e il benemerito del lavoro, zio paperone e la campagna elettorale). Nessun progresso purtroppo.

    • Paz raramente ha fatto satira. Forse è ascrivibile al genere l’uscita pro tv di Berlusconi e contro la RAI degli anni ottanta di un tizio di una trattoria la cui compagna interagisce a livello prossemico con scambio di informazioni via fluidi nella toilette con Colasanti ( il bel gigolò pard di Zanardi ndr ). Pentothal è un frammento di realtà , un inizio di qualcosa come ebbe a scrivere Paz in fretta e furia quando gli scontri di Bologna resero già superate le prime tavole del lavoro già consegnato a Linus. Pompeo è la polaroid di una inesorabile sconfitta personale. Anche il Pertini dell’autore è fondamentalmente una maschera, come Totò. Potrei continuare. Era ( ed è ancora quando vuole ) molto + satirico Scozzari.
      A mio modesto avviso Pazienza e Martina ( o altri autori Disney italiani con la luccicanza come Cimino o Scarpa o i loro eredi Casty e Faraci per fare qualche nome ) non sono comparabili perché il primo ha attraversato in prima persona un momento storico che ha vissuto sulla sua pelle, restandone anche schiacciato, non dimenticando la sua probabilissima vulnerabilità , e perché esistono argomenti e declinazioni che il mondo dei topi e paperi non può contenere, se non con rare e chirurgiche allusioni come possono essere i due pigiama di Topolino e Minni sul letto matrimoniale in un albergo nella seconda versione del Sosia di Re Sorcio di Floyd Gottfredson o una famosa storia del topo mai ristampata in cui forse il nostro interagisce con una bionda come Colasanti altrove poi rivelatasi un provvidenziale sogno, senza dimenticare la inesorabile sconfitta di tutti da sempre che difficilmente può entrare in quelle pagine colorate che sono rivolte ai bimbi.

      A sentire la direttrice del settimanale i lettori del settimanale sono per lo più adulti. Ieri notte sono entrato nella cameretta di Crepascolino e ho rubato l’ultimo Topolino per leggerlo.

      • Una delle cose che mi affascina di Paz è proprio quell’ossessione per l’iconografia disneyana, quei guanti, quei topolini perennemente allucinati che sbucano dagli angoli delle tavole, quel Pippo “sballato”, che al pari dei vari Pentothal, Zanardi, Pompeo, persino Pertini, testimoniano la sua abilità nella distorsione delle sue esperienze e delle sue passioni che fondeva nel creare qualcosa di assolutamente unico, assolutamente irripetibile se non con la “maniera” di chi in seguito ha tentato la strada dell’imitazione, come avviene sempre per i maestri. Criticato ferocemente, amato alla follia, un maestro era, lo è sempre stato nonostante la sua reticenza, la sua svogliatezza, la pigrizia, tipiche dei talenti naturali (stupendo l’accostamento ai “pistoleri” infallibili del cinema).

  3. In Italia è una pietra di paragone. Ricordo uno sfogo di tanti anni fa di Gipi che ad un certo punto mandò a quel paese ( non esattamente con questi termini ) Pazienza – che era scomparso da oltre 20 anni e che era stato suo sensei nella scuola dello Zio Feininger a Bologna perché era arrivato il momento , simbolicamente e non solo, di staccarsi da una pesante eredità. Io ho cominciato a leggerlo poco prima della sua scomparsa quando avevo quasi 20 anni e ne apprezzavo la novità. Oggi a 50 anni mi piace ancora , soprattutto tennicamente, facendo le debite proporzioni come può piacermi dal lato tennico Charles Bukowski o Cormac McCarthy, ma comprendo meno di allora le sue istanze come Zanna che si chiede e ci chiede perché la gente non si fa i fatti suoi ( vignetta che ho trovato citata qualche tempo fa in un romanzo di Diego De Silva ). Adoro il medium da sempre ed in cuor mio sono contento che oggi Paz sia tutto sommato popolarissimo e meno il geniale coatto Tamburo Tamburini che con il suo Snake Agent aveva di fatto annichilito il fumetto seriale mainstream e non solo. Posso vivere in un multiverso in cui ogni mese Tex galoppa verso il crepuscolo, Diabolik ruba una collana per il collo della sua Eva e Dylan galoppa dentro il crepuscolo, ma farei davvero fatica in un altroquando dove è assodato che tutto è stato detto prima da qualche parte.

    • crepascolo che ne pensi del fatto che Tex dopo 70 anni è ancora il fumetto più venduto della bonelli?(da solo vende come tutte le altre messe assieme)

      Molti si chiedono del perchè del successo di tex per me è semplice, una delle caratteristiche che più ha contribuito all’imagine che tutto il pubblico ha di Tex è sicuramente la sua assoluta invincibilità, proprietà intrinseca del personaggio impresagli dal suo creatore Gianluigi Bonelli e che ormai pochissimi eroi del fumetto seriale possono vantare. Gli altri eroi invece per quanto forti nella loro carriera sono sempre e comunque dovuti incappare in qualche sonora batosta.(ken, batman ecc)

      si esiste Tex mensile n.99, La sconfitta, un titolo e una copertina che sono tutto un programma.
      Nelle battute finali di Silver Bell, il nostro ranger viene sfidato a duello da Ruby Scott, pistolero assoldato appositamente per farlo fuori.
      Una situazione tutt’altro che inedita per Tex, se non fosse che nel fatidico momento di far fuoco, Ruby Scott svela un trucco inaspettato: la fondina della sua pistola è dotata dello “swivel“, ovvero un perno che gli permette di ruotarla e di sparare senza dover estrarre l’arma, donandogli pochi ma decisivi attimi di vantaggio.
      Certo, da una faccia da forca come quella di Ruby Scott non si può pretendere lealtà e quindi poche storie: con grande sorpresa dei lettori Tex finisce nella polvere, ancora vivo ma con una ferita non indifferente.
      Ma Scott, ahi lui, non camperà ancora a lungo da poter raccontare in giro la sua “prodezza”. Rimesso blandamente in sesto da un dottore con una fasciatura e degli antidolorifici, Tex dopo nemmeno 40 minuti decide che la sua rivincita ha la priorità sulla convalescenza e quindi si reca al saloon di Silver Bell in cui il cattivone si appresta a brindare. Superfluo dire che lo swivel non funzionerà una seconda volta.

      E fu così che, nonostante questo sassolino nello stivale, il ranger poté mantenere intatta la sua immagine di eterno vincente. Con questo episodio G.L. Bonelli e Galep, passando attraverso una sconfitta, sono riusciti a raccontare, in realtà, per l’ennesima volta l’invincibilità della loro creatura.
      Gli altri eroi per riprendersi ci mettono mesi.

      È estremamente deludente come, a volte, questa sua capacità di infondere sicurezza e cieca fiducia nei suoi lettori venga scambiata da pochi per un punto debole, che dovrebbe renderlo ripetitivo e noioso. E sarebbe davvero inutile, in effetti, negare che chi compra Tex sa già, all’incirca, come le cose andranno a finire prima ancora di avvicinarsi allo scaffale dei fumetti. Secondo il mio punto di vista, però, è un bene che ancora resista un eroe duro e puro così come la definizione classica impone

      • Trevor, in rete dovresti poter trovare ancora una intervista di Claudio Nizzi per il sito UBC Fumetti di qualche anno fa in cui il papà di Nick Raider e Leo Pulp – considerato da molti come l’ultimo difensore della ortodossia gianluigibonelliana – dice la sua sulle pericolose, a suo dire, derive dal sistema texocentrico, stigmatizzando come le storie di Mauro Boselli e lo one shot Oklahoma di Berardi siano strade da non percorrere perchè il ranger nel primo caso non è mai il “vero” protagonista e nel secondo si tratta di un romanzo corale. Più o meno. Ho letto quell’intervento quando l’euro era una novità, mi sembra, e potrei sbagliarmi. Auguro tanta salute a Tex – di cui ogni tanto torno a seguire la pista – e capisco la difficoltà e la sfida dei creativi che dal 1948 ad oggi propongono le cinquanta sfumature di deserto colorato in cui il nostro trotta e galoppa, ma spero per noi tutti che esistano sempre anche alternative per lettori che desiderano altro o lo stesso lettore che in momenti diversi è cowboy ed indiano metropolitano.
        Io posso portare il mio esempio di lettore compulsivo che leggeva Bonelli e Galep e poi Stan Lee e Jack Kirby e poi Paz e Tamburo e poi Pratt e Crepax e poi Sclavi e Stano e oggi magari Nick Drnaso e Seth.
        O il Mickey Mouse alla maniera di Ub Iwerks del francese Tebo.
        See ya in the comics.

  4. io ho letto di Pazienza solo Zanardi è tremendo. Nel senso che più che divertire da fastidio. Un personaggio cattivo per affascinare deve avere un codice o un ideale lui invece è completamente vuoto.

    • La prima volta che ho letto Zanardi è stato senza alcuna preparazione, e senza conoscere le opere precedenti di Pazienza. Rimasi sconvolta per settimane! C’è voluto un bel po’ per metabolizzare il tutto, rendermi conto che la ferocia di Zanardi non è altro che il riflesso distorto di una società, quella degli anni Ottanta, che aveva spazzato via gli ideali del decennio precedente, sostituendoli con il culto dell’egoismo, con l’edonismo sfrenato, la ricerca ossessiva del denaro e dell’affermazione personale al di là di valori come etica e giustizia sociale. Zanardi rimane per me un punto inarrivabile nell’opera di un artista che come nessun altro ha saputo interpretare lo spirito del suo tempo, senza alcun filtro. E che a distanza di trent’anni rimane una scarica elettrica sulle tempie di una società che annega nel suo conformismo.

      • eppure Zanardi era capace di commozione di fronte alla morte eroica dell’amico Petrilli o di correttezza da codice malavitoso nei confronti del killer del Mostro di Scandicci.(quando lo aiuta a far passare l’omicidio per un suicidio) Non era una macchietta

  5. zanardi sarà diventato un serial killer? sarà morto di overdose? sarà diventato un poliziotto corrotto come i drughi in arancia meccanica? Magari Pazienza fosse ancora vivo….

    • Credo che sarebbe rimasto perennemente adolescente, con sempre più frequenti incursioni nei più vari generi narrativi, come la storia ambientata nel Medioevo e rimasta incompiuta…

      • No nel 1988 aveva detto che dopo il ciclo fantastico(medioevale, war) pensava di essere a un bivio: narrare le sue avventure da adulto trasformandolo in un italiano rampante, yuppy e omologato, prepotente, bigotto e tradizionalista.

        Oppure, in alternativa, sarebbe morto di overdose. Evidentemente era stufo del personaggio.

  6. la cosa paradossale è che zanardi è il fumetto più commerciabile che ha fatto. Il resto è molto peggio, tormenta, pompeo, Campofame ecc

  7. Scusi quel libro risponde ad alcune domande?

    1) Sergio Bonelli ha mai cercato di metterlo sotto contratto? In fondo a scritto anche fiabe per bambini.
    2) Ma la disney non gli ha fatto causa per la storia di Pippo? Sono marchi registrati e poi l’ha fatto diventare un drogato
    3) Ma quanto vendevano in media le riviste dove pubblicava i suoi fumetti ?

    • Le prime due domande nel testo non vengono affrontate, anche se credo che la faccenda della causa Disney sia più che altro una leggenda metropolitana, dato che “Perché Pippo sembra uno sballato” è ancora ristamapato, mentre per quanto riguarda la terza c’è un accenno alle vendite di alcune delle testate ma non un vero e proprio approfondimento. Interessante un aneddoto relativo ai contributi di Paz su Comic art; i lettori inferociti scrivevano alla redazione per protestare contro l’inserimento di Zanardi tra le pagine della rivista, tra chi era indignato per i contenuti “oltraggiosi” e chi… perché Andrea non sapeva disegnare

  8. Devo aver letto in uno dei libri di Scozzari che Frigo vendeva oltre centomila copie e che un ” complotto ” negò alla rivista i rimborsi a cui aveva diritto e di cui invece godevano magazines dello stesso segmento, cosa che portò Sparagna e co. a non poter sostenere i costi elevati dei reportages e degli articoli e dei comics.
    Non so SBE, ma Giorgio Lavagna – che ai tempi era nei Gaznevada e frequentava Paz, Scozz e gli altri della traumfabrik – ha detto in una intervista che cercò di convincere il papà di Zanardi a fare fumetti come i super-eroi Marvel , senza successo, cosa di cui è contento oggi.
    SBE in qualche modo ha dato una occasione ad almeno un ” discepolo ” di Pazienza e cioé Luca Enoch. So che Sergio Bonelli apprezzava i lavori di Tamburo e Liberatore, ma non credo che in via Buonarroti sarebbe mai stato prodotto un fumetto con una prostituta tossicodipendente minorenne che ha una relazione con un robot violentissimo in uno scenario degradato come nemmeno nei Mad Max di Miller.
    Per quel che vale, a conti fatti, penso che Pazienza potesse funzionare al meglio producendo storie di lunghezza variabile per riviste.

  9. se vi interessa il 16 novembre è uscito il volume tutto Zanardi(contiene tutte le 18 storie)la mia preferita è la prima delle tre, dove Zanardi mena Andrea Pazienza, perchè non scrivete una storia con Dylan Dog che picchia roberto recchioni? Sarebbe una cosa simpatica.

  10. Roberto Recchioni ha già fatto qualcosa di simile: nel numero 21 di John Doe intitolato Morte in Diretta muore lanciandosi nel vuoto , se non ricordo male, per sfuggire alla Morte ( che nel mensile era un personaggio in carne ed ossa ) e per provocare una svolta narrativa. La storia disegnata da Mau Ronsezweig ironizza quindi sul quanto sia disposto a fare un creativo per far proseguire una vicenda e, nel contempo, cita le classiche avventure Marvel dei Fantastic Four in cui Stan Lee e Jack Kirby conparivano come personaggi ed interagivano con le loro creazioni ( il Dottor Destino li costringe a chiamare Mr Fantastic che arriva nella Casa delle Idee per raccontare cosa ha fatto il suo team e finisce in una trappola in occasione del secondo confronto tra The First Family ed il monarca di Latveria ndr ).

  11. Stò scoprendo Pazienza solo ora grazie al trentennale e alle numerose ristampe.

    Letti Pentothal e tutto Zanardi e campofame
    Il primo è difficile da capire, difficile da seguire, con picchi qualitativi e robe ingiudicabili perché troppo legate ad un periodo storico lontano ed un luogo specifico.
    Zanardi è invece molto più fruibile, estremamente godibile, che tira delle coltellate allo stomaco mica da ridere, che sorprende e fa amare un personaggio che dire negativo è un eufemismo. Curioso anche che non solo non pagherà mai per le sue malefatte ma non viene mai nemmeno picchiato o ferito.
    Incredibile come in 30 anni circa il livello del fumetto in Italia sia sceso in modo così mostruoso, adesso tutti fanno i moralisti e i falsi buonisti (due palle)

    ps mi spiegate campofame? Non ho capito dove vuole andare a parare, mi ricorda solo una canzone dei manowar dove un uomo uccide il diavolo e ne prende il posto. In pratica la malvagità degli uomini è senza fine.

    • Non potrei essere più d’accordo! Ho l’impressione che negli ultimi trent’anni in Italia sia stata compiuta un’operazione sistematica di disinnesco della carica eversiva propria del fumetto, la stessa già subita in precedenza nel cinema e che scontiamo ancora oggi. Le sperimentazioni, se non in ambito estremamente controllato e asettico, sono state sostanzialmente abolite dalla grande distribuzione, la creatività degli autori sepolta da tonnellate di paletti da rispettare per il terrore di perdere lettori. Anche se in pochi, per fortuna ci sono autori che resistono e si oppongono all’ondata di buonismo e politicamente corretto che permea la produzione nostrana. Per quanto riguarda Campofame, opera criptica ed ermetica fortemente legata all’opera dello scrittore Robinson Jeffers, ti rimando a questo (breve, purtroppo) articolo di approfondimento: http://www.andreapazienza.it/paz-l-artista/bibliografia-paz/32-campofame.html

  12. Non avrei mai pensato di dover dedicare un post ad una persona che disprezzavo quand’era vivo e non ho cambiato idea ora che è morto, da un pezzo a dire il vero, ma l’apparizione in edicola di una serie di volumi a lui dedicati e fortunatamente dai più snobbati mi ha spinto a scrivere.
    Pazienza era un pessimo disegnatore le sue cosiddette opere avevano le caratteristiche tipiche di una mente disturbata, dalle droghe com’è noto, e questo suo vizio si rifletteva in ciò che rappresentava i suoi disegni avevano un che di surreale ma senza la delicatezza di quelli di Stano, erano spigolosi e volgari, come le figure umane che rappresentava, con ogni probabilità aveva un odio viscerale per l’essere umano e tendeva a distruggerlo con i suoi disegni come poi in effetti ha fatto con se stesso, le sue opere ti colpivano come un pugno in faccia e per un esteta del fumetto ben disegnato come mi vanto di essere mi davano un senso di repulsione a prima vista, li trovavo e li trovo orribili non ho mai capito il senso di quello che proponeva, ricordo che mi ci mettevo con Santa “Pazienza” ma alla fine si restava interdetti di fronte a certe oscenità, parlandone con i miei coetanei di allora c’era un totale sdegno per quelli come lui che venivano percepiti come una sorta di neo Impressionisti della Nona Arte, il che non è necessariamente un insulto, ma con molta meno classe e soprattutto molto meno talento, e su questo non potevo non essere d’accordo: dov’era il talento di Pazienza? L’ho cercato spesso in quelle tavole che sprizzavano rabbia da ogni tratto di china, ma non sono mai riuscito a trovarlo e neppure i grandi editori evidentemente lo hanno mai trovato visto che per pubblicare lavorava per riviste d’elite o d’essai ed a parte un volume dell’89 passato dalla Rizzoli per il resto bisogna cercare col lanternino, cosa c’è di male nel dire che non piaceva? io preferisco il tratto pulito di Manara e quello rotondo e definito di Serpieri, questi due autori non cercano lo shock ma si limitano a disegnare curando alla follia i particolari senza mai dimenticare geometrie e classe, si perchè per disegnare bene e piacere ci vuole anche classe, e Pazienza non ne aveva, si limitava ad esprimere la sua rabbia e la sua frustrazione, verso chi è tutto da capire, ed il disegno carico e pieno come nessuno esplodeva dal foglio come una bomba ed alla fine ne eri sopraffatto, nel senso peggiore, e finivi per chiederti che tipo di malattia mentale avesse uno che disegnava quella roba, questo si pensava di lui ma oggi non si può più dire, oggi bisogna celebrarlo, ma vorrei ricordare a tutti che questo signore non era solo un pessimo artista ma anche una pessima persona, ha condotto una vita dissoluta, non ha mai avuto un carattere sufficientemente forte per trasformare il suo dono, perché disegnare è un dono, in una forma d’arte, ha preferito rifugiarsi nelle droghe estraniarsi dalla realtà distruggere se stesso e coloro che gli volevano bene, ha preferito l’abisso al possibile Paradiso, l’ho incontrato alcune volte alle mostre e non sono mai andato oltre una stretta di mano impersonale e frettolosa verso una persona che non mi trasmetteva niente, non ti guardava mai dritto negl’occhi e quando coglievi uno sguardo fugace vedevi solo il vuoto, non c’era nulla da cercare in una persona priva di personalità ben delineata, assolutamente nulla in confronto all’emozione che provai quando strinsi quella di Aurelio Galeppini un vero grande artista un sublime disegnatore che ha davvero assurto il fumetto a vera opera d’arte, una perdita incolmabile la sua, al contrario di quella di Pazienza che non ha lasciato vuoti tranne in quelli che pretendono con la forza ma senza argomenti che tutti lo celebrino…che riposi in pace.

  13. Di lui in vita alla gente piaceva solo Zanardi

    Andrea Pazienza 1987 (introduzione del libro campofame)

    Zanardi! Zanardi! Io gli faccio conoscere Jeffers e la storia e la poesia. Ma loro vogliono Zanardi! E io mi sono rotto le palle di Zanardi! Il gusto, dicono. Sai, questi sono i gusti! Affanculo il gusto! Macchè, sono una marchetta? Io lavoro, di più: mi scortico, per il gusto degli altri?

    • Ti ringrazio moltissimo per le tue testimonianze. Non si può negare che Zanardi sia stato il personaggio di Paz più amato dal pubblico, succede a molti autori di rimanere “prigionieri” del successo di un personaggio, capitò persino a Conan Doyle con Sherlock Holmes!

  14. Zanardi è pura adrenalina che da delle coltellate allo stomaco mica da ridere, non mi stupisce che sia il più amato, le altre opere per capirle devi sapere il dietro le quinte. Esempio:

    Il perché delle anatre

    Silvio, Mario e Gervasio hanno lasciato a casa le mogli, sono tre amici in vacanza nel sud dell’Italia, con in comune la passione per la pesca; Gervasio si allontana, e quando si ritrovano, lui ostenta una lontra ammazzata con il fucile di Mario. Ne nasce un principio di rissa, la lontra viene gettata via, Gervasio se la prende con gli scrupoli degli amici, che gli impediranno di regalare la pelliccia alla moglie

    Uno si gratta la testa, poi si documenta è viene fuori questo:

    la Comic Art nel 1986 , in collaborazione con Amnesty International, presentava il volume “I Diritti Umani” con nove storie dedicate ad altrettanti articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approvata dall’ONU alla fine del 1948. Fra gli altri, collaborarono Will Eisner, Pablo Echaurren, Milo Manara e Alberto Breccia. Vi partecipò anche Andrea Pazienza con un racconto in 8 tavole intitolato “Il perché delle anatre“.

    La storia di Pazienza illustra l’articolo 24 della Dichiarazione, che recita: “Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite”. Pazienza evita di denunciare come i colleghi gli abusi dei potenti e sceglie di denunciare i comportamenti insensati ed egoisti della gente comune.

    Se vuoi capire campofame devi leggerti il poema, se vuoi capire penthotal e meglio se ti vedi il film paz, per Pertini se non consoci la storia e la politica ti attacchi. Stimolante ma un’pò snervante.

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