Barbarica in pillole: Se il diavolo

La lettura di questo weekend di Pasqua è stata Se il diavolo di Gianluca Barbera, Polidoro editore. Mi ha catturata al punto che non sono riuscita a posarlo fino all’ultima pagina.
Il protagonista di questa sorta di biografia immaginaria – ma che prende a piene mani dalla vita vera – è Georges Simenon, tormentato padre letterario del Commissario Maigret. La sua produzione è stata immensa, scriveva fino a ottanta pagine al giorno – a 27 anni aveva scritto quasi 300 romanzi – ma se la sua prolificità fosse frutto di un patto con il diavolo? E se il prezzo da pagare per l’uscita di ogni romanzo fosse la vita di un innocente?
Le abitudini di Simenon, l’abuso di alcool, i viaggi intorno al mondo afflitti dalla noia, l’insaziabile appetito sessuale e l’incapacità di trovare un posto da chiamare “casa”, il rapporto conflittuale con la figlia e le lettere a Federico Fellini: tutto questo viene raccontato di pari passo al dialogo vibrante – a volte amabile a volte disperato – di uno scrittore con la propria arte. Perché per alcuni, scrivere equivale a respirare.

«In poche parole, se scrivi, rischi di restarci secco. Se non scrivi, idem. Sei proprio messo male. Credo che il problema stia nel fatto che ti cali troppo a fondo nelle storie che racconti, entri nella pelle dei suoi personaggi con troppa violenza. Lo sforzo che chiedi alla tua immaginazione ti consuma il cervello, finirà per fottertelo»
«Ma no, non si tratta di uno sforzo dell’immaginazione. Piuttosto di uno sforzo di memoria. Vedi, le storie che racconto è come se le avessi già vissute in sogno. Si tratta solo di ricordare. È questo sforzo mnemonico che mi ammazza. Io sono tutto memoria e istinto.»

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