Pulixi e il buio dell’animo umano

«Nessuna notizia corre veloce in questura come quella della morte di un poliziotto. Omicidio o suicidio non fa differenza. In pochi minuti tutti lo sanno. E non importa che si tratti dell’ultimo degli agenti o del più alto dirigente. Quello che conta è che era un poliziotto. Uno di loro.»

La scelta del buio di Piergiorgio Pulixi (Sabot/age – Edizioni E/O) è il secondo volume della serie i Canti del male, con protagonista il commissario Vito Strega. Un solitario, di natura, un solitario per condanna visto che «per i colleghi non era più uno di loro da quando aveva ucciso in servizio un suo collaboratore, l’ispettore Jacopo Di Giulio. Poco importava che una commissione disciplinare interna l’avesse scagionato e reintegrato, giudicato quando successo quella notte un tragico incidente. Assassino di sbirri, sussurravano alle sue spalle. Nessuno gli rivolgeva più la parola. Era come un fantasma.»

Ed è proprio il “commissario fantasma” a dover far luce sulla morte del collega Roberto Larocca. La scena del crimine fa presupporre che si tratti di un suicidio, ma a Strega qualcosa non torna. Il dubbio si è insinuato nella sua mente come una spina impossibile da estirpare. Ed è attorno a un dettaglio apparentemente poco importante che Vito Strega fa partire la sua indagine.

Solo contro tutti, incurante delle pressioni della Digos, dell’odio dei colleghi, dei fantasmi del passato che non gli danno tregua.

La scrittura di Pulixi è essenziale, chirurgica. Nessuna frase di troppo, nessuna scorciatoia. L’indagine si dipana quasi come un pretesto per illuminare il buio dell’animo umano. Il tutto camminando sull’orlo del precipizio. Proprio come fa Strega, un uomo imperfetto che trova schegge di pace tra i suoi libri e un pezzo di Coltrane e la compagnia della gatta nera Sofia.

Tra le altre cose, ho apprezzato particolarmente il finale che non vuole essere per niente consolatorio, in linea con chi sceglie di narrare il buio.

3 pensieri su “Pulixi e il buio dell’animo umano

  1. Giuro su una pigna di Maigret che anche prima di controllare in rete il riferimento a Coltrane mi ha fatto pensare all’ Alligatore di Carlotto di cui Pulixi, da quel che leggo, è un allievo. Altro scrittore che sceglie il buio come Lanzetta tra l’altro. Non mi fa impazzire il nome che mi sembra cacofonico. Avrei scelto un Vito Rega per esempio, ma immagino che Pulixi temesse di evocare meme come ” ehi raga tutto rego ? ” e da lì il salto nella Generazione Jovanotti è fatto.
    Tenebre e musica jazz e magari anche una bottiglia di Calvados in qualche bettola.
    Ora mi spiego perchè nessun editore – nemmeno quelli che hanno un post it rosa con il nome sulla porta dell’ufficio – ha deciso di pubblicare il mio Nel Sole che racconta delle indagini della ispettrice Sofia Soriana , siciliana trasferita in Val d’Aosta , che partono dalla scomparsa di una indigena produttrice di sabot e finiscono per svelare le trame dietro una truffa ai danni delo Stato che avrebbe dovuto sovvenzionare una mega installazione di pannelli solari in una zona turistica. Pazienza…

  2. Grazie. Ora che ci penso, nel sole mi rimanda al I’m too much in the sun con cui Amleto risponde allo zio/patrigno – sun e son suonano quasi nello stesso modo e la ambiguità evoca sia la condizione di chi vede tutto senza ombre sia la consapevolezza del figlio – e Bill Shakespeare era un esperto sia di passioni primitive sia di streghe. Tutto è collegato a tutto. Viviamo davvero nel migliore dei multiversi possibili.

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